Villa Cecilia Pia - Tempera ad uovo
Anni 1957-58
Composta nella seconda metà degli anni ’50, esprime l’amore per la dimensione estetica ed ideale del mito, in particolare quello della Bellezza intesa come somma di civiltà e valori. Lo rappresenta immergendolo in un’ atmosfera aulica per valenza formale e cromatica; sensibilità virgiliana lo incastona, come una medaglia, tra il sussurro misterioso e sacro delle fronde stilizzate e il palpito delle acque. Fanno da struttura alla figurazione strati rocciosi che si allontanano gradualmente fino a stemperarsi in un chiarore soffuso che svela, fra le brume leggere, tonali presenze di crete lontane. Attraversano lo spazio vibrazioni di luce chiara che scorre lungo i piani e staglia le immagini sulle terre tufacee, come su un acrocoro, tra zone cupe e chiarori grigiastri dal gusto mantegnesco. La loro consistenza, modulata sui toni bruni, dà forza con il suo espressionismo, temperando il lirismo e sottolineando l’arcaicità del tema.
Nella parte centrale l’attimo di vita sospesa ed immobile è illustrato con tonalismo prezioso e luminosità , particolarmente nello sfumato nitido dei corpi e nelle trasparenze delle acque che fluiscono, mentre le profondità trascolorano in luminescenze d’aurora. Silenzio e immobilità sembrano connotare la scena simbolica dandole quell’attributo di perennità che si addice a Roma.
La quiete del paesaggio svela il coinvolgimento della pensosa umanità dell’artista che, con una iconografia inconsueta, cala il mito nella dimensione umana: gli atteggiamenti ed i gesti sono contenuti e naturali, ad essi si affianca il panneggio che sembra giocare geometricamente intorno alle figure accompagnandone le linee morbide e i volumi con i toni cangianti annunciati in opere precedenti. Venere più che dea è donna pudica che si rifugia nel riserbo, con un’interiorità sottolineata dal modellato lineare del corpo presentato di spalle, senza volto: arcana, immateriale, irraggiungibile Bellezza.
Nel Tondo si avverte una concezione estetica già da tempo meditata e fatta propria dall’artista, espressa soprattutto nella serenità imperturbabile della Natura ,quasi in un’ età dell’oro. Ed è un canto idillico la rappresentazione incastonata nel centro, dalla velatura soffusa e struggente; simmetria e scioltezza, disposizione dei volumi la isolano nella sua intangibilità di valore etico ed estetico che uniforma la composizione, aulica ed intima al tempo stesso.
Nelle pareti sottostanti si riassumono in successione momenti storici sempre più densi: dalla semplicità delle origini alla rielaborazione culturale delle esperienze umane nel Sei-Settecento. L’intensificarsi dei contenuti è accompagnato dal graduale accentuarsi espressivo: la sintesi diventa più articolata fino a raggiungere densità artistica con il tema della Roma dell’ Umanesimo in cui è espresso il gusto estetico dell’artista e il sogno di un’umanità ideale.
L’incisività delle figure è rafforzata dalla verticalità della loro disposizione per piani sovrapposti e il carattere episodico – simbolico le isola come cammei, conferendo eternità alla contingenza storica. Luci e ombre plasmano le forme che, ammorbidite dalla gradualità dello sfumato, si inseriscono in ideali architetture aeree o su un fondo a campiture tonali, quasi geometriche.
La distribuzione degli spazi e dei movimenti, soprattutto la collocazione sospesa delle figure, rendono espressive queste incisive sintesi il cui simbolismo dà sostanza all’apparente tono narrativo del Tondo, riconducendo la concretezza di secolari vicende all’unitarietà ideale della visione centrale; il monocromatismo sereno e composto delle pareti rafforza quel rapporto di continuità e, incastonando la volta, ne sottolinea il lirismo.