Biografia

Arduino Angelucci nacque a Rieti da Luigi e Zefferina Paolucci il 2 luglio 1901. Ebbe i primi insegnamenti dal pittore Antonino Calcagnadoro della cui pittura di impegno sociale sentì la suggestione, rivelata nelle prime opere quali “Lo sfratto” e in alcuni ritratti di tono verista. Frequentò successivamente il Regio Istituto Superiore di Belle Arti di Roma, conseguendo il diploma. Nel 1922 si iscrisse al corso speciale di pittura, tenuto dal pittore Coromaldi, presso l’Accademia di Belle Arti, e a quelli di nudo all’Accademia Inglese e di decorazione al Museo Artistico a Capo Le Case. In seguito passò al corso speciale di architettura, ritenendo di dover ampliare ed approfondire la sua preparazione per la composizione di opere parietali di grande respiro.

In questo periodo lo colpì la produzione artistica di Patini, Michetti, Mancini, Sartorio, tra tanti maestri presenti nella Galleria Nazionale d’Arte Moderna e nelle gallerie di via Margutta e via Condotti, quali la galleria Giosi, dove scoprì l’arte di Spadini, e la galleria Bragaglia riservata all’avanguardia. Lo sorpresero i disegni di Romano Dazzi, lo attrasse l’ermetismo del Futurismo negli accenti di Prampolini, nel plasticismo di Boccioni e nel surrealismo di Dottori; muovendosi in una molteplicità di interessi, cercò di ordinare, ampliandola , la propria preparazione culturale in un intimo dialogo con gli artefici della grande tradizione, dialogo consolidato da un viaggio – premio a Parigi nel 1925, promosso dal Ministero della Pubblica Istruzione per gli studenti più meritevoli. Aveva vinto la gara con una Deposizione.
In quegli anni lo incoraggiarono altri significativi consensi:
nel 1920 aveva vinto il Pensionato Lana per la pittura, bandito dall’Accademia di S. Luca;
nel 1923 fu primo classificato nella selezione di Roma per il Pensionato Artistico Nazionale di Pittura che si svolgeva in ogni sede delle diverse Accademie di Belle Arti d’Italia . Fu indicato dalla critica e da buona parte dei componenti la Commissione giudicatrice come probabile vincitore del concorso nella prova finale, ma il Pensionato per quell’anno non fu assegnato.
Dal 1925 al ‘30 la collaborazione con Pietro D’Achiardi, pittore e critico d’arte, insegnante presso l’Accademia di Roma, e la frequenza del vivace Circolo Artistico in via Margutta, costituirono un’importante esperienza professionale e culturale. In quello studio partecipò alla elaborazione delle seguenti opere:

  1. Cartoni per la decorazione musiva delle volte a vela e della cupola della Basilica del Getsemani (Gerusalemme);
  2. Cartoni per il pavimento in mosaico ed intarsio della Sala del Mappamondo in Palazzo Venezia – Roma;
  3. Decorazione della Chiesa Argentina in Roma;
  4. Decorazioni nella Villa Berlingieri in Roma;

Nel 1926 aveva sposato Erina Aguzzi dalla quale ebbe i figli Augusto ed Adriana.
Nel 1930-31 la decorazione di una sala del Palazzo della Provincia di Rieti (mq.70) rappresentò la prima pittura murale nella sua città: l’ambiente dal carattere vignolesco dettò la colta modulazione stilistica e l’impostazione architettonico- decorativa, ma non la realizzazione delle forme e la elaborazione cromatico- pittorica delle diverse parti, elementi che recano l’impronta inconfondibile dell’artista e mostrano la sua solida preparazione. Vi si preannunciano l’interpretazione metafisica delle vedute e la resa plastica dei volumi e delle forme, accanto alla suggestione intimistica della natura.
Nel 1935 si separò dalla moglie Erina e si trasferì a Rieti con i figli.
Dal 1935 al 1938, vinto il concorso nazionale per un affresco nella volta dell’Aula Magna dell’Università di Palermo (mq. 100), elaborò la figurazione: impegno complesso che comportò lavoro febbrile nello studio della forma, nella definizione dei caratteri e nella scelta cromatica, sobria, calibrata e definita. Il tema proposto “Federico II mecenate delle lettere, delle arti e delle scienzeâ€, lo avvicinò ulteriormente al Novecentismo che caratterizzò la composizione, con plasticismo solenne e con accenti metafisici e futuristi. L’unitarietà architettonica dell’opera e la serietà dell’impostazione è alleggerita da una colorazione vicina al pastello che rasserena, con risultati di diffusa armonia cromatica. L’affresco fu molto apprezzato dalla critica e impose il nome di Arduino Angelucci, contribuendo all’attribuzione di ulteriori incarichi.
In questi stessi anni numerosi ritratti a matita e carboncino, contraddistinti da incisività disegnativa e individuazione acuta ed espressiva del carattere, arricchiscono la sua produzione; ad essi si aggiungono numerosi manifesti legati a eventi particolari del momento politico, interessanti per la serrata e netta sintesi compositiva e per la forza e modernità del disegno.
Contemporaneamente, nel 1937, realizzò in affresco una figurazione nella cattedrale di Rapallo (mq. 40), dove espresse il carattere mistico della sua interiorità con una composizione emotiva ed intima, dal cromatismo soffuso e suggestivo, quasi un pastello. L’ interpretazione allontana la solennità e si raccoglie nel valore dell’umanità redenta, con un risultato formale che equilibra Spiritualismo e Novecentismo metafisico.
Nel 1939 nel fregio realizzato nel Salone d’Onore del Palazzo del Governo di Terni (mq.70), distrutto da bombardamenti nel ’44, otteneva una maggiore densità cromatica, ricercata con la tecnica della tempera. La composizione fonde elementi di argomento civile e ideale alternando realismo dinamico e sintesi ieratica novecentista. Ne sono testimonianza i cartoni disegnati e chiaroscurati in modo definito che li rende opera completa e pittorica.
In quello stesso anno fu tra i primi quattro premiati, insieme agli artisti Cascella e Contardo Barbieri, nel Premio Bergamo, concorso per un pannello in affresco( mq.120 ) nello Scalone d’Onore del Palazzo Littorio della città. La seconda selezione non fu espletata a causa della guerra che distrusse l’edificio e gli archivi. Nel bozzetto la complessa e razionale composizione si articola su più piani in modo serrato e unitario, potenziato da una colorazione sobria da cui emergono guizzi di colore che animano la pluralità ed il dinamismo delle scene, espresse con severa forza.
Nel 1939 curò la decorazione della villa del barone Acerbo a Caprara – Pescara.
Nel 1940 partecipò al concorso per mosaici nel Palazzo dei Congressi all’EUR- Roma; nei quattro bozzetti, sui temi: La Roma dei primordi, La Roma imperiale, La Roma del Papato e La Roma dell’impero fascista, si registrò, su un fondo oro, una più decisa definizione del colore insieme a sapienza architettonica e compositiva che li imposero alla critica insieme a quelli presentati dal gruppo Capizzano, Gentilini, Guerrini, Quaroni, che realizzò l’opera.
In quello stesso anno gli fu affidato l’incarico di completare la decorazione della Sala Consiliare nel Palazzo del Comune di Rieti, già affrescata da Antonino Calcagnadoro. Dell’opera, non completata per le vicende belliche, furono realizzati i bozzetti, i due tondi ad olio su tela ed il cartone del pannello centrale. Nel linguaggio della pittura mediterranea, i temi relativi ai miti e all’eroismo del popolo sabino sono svolti con vigore formale e densità compositiva, ma anche con un dinamismo lontano dalla fissità novecentista, e con una intensa, pastosa resa pittorica.
Nel 1940/42 decorò la Villa Alfano sull’Appia Antica a Roma, e la Villa De Luca in S. Rufina ( Cittaducale – Rieti ), rispettivamente con interpretazioni simboliche dei segni zodiacali e dei santuari francescani presenti nella valle di Rieti, esprimendosi in una elegante sintesi formale e cromatica.
In questi anni conobbe la sua seconda futura moglie, Maria Fallerini, da cui ebbe le figlie Alessandra e Zefferina.
Dal 1941 al 1943 fu docente presso il Liceo Artistico di Napoli, ma le vicende belliche lo convinsero del ritorno a Rieti e sospesero la sua finora intensa attività decorativa. La guerra aveva provocato la caduta di un mondo, ma nuove enunciazioni estetiche e nuovi stimoli si aggiungevano ora alle esperienze dell’artista, spingendolo a provarsi con rinnovata umiltà. Il ritratto a pastello di Maria, intenso e penetrante, impalpabile e raffinato nei toni , riscosse notevole consenso nella prima Quadriennale romana del dopoguerra; nature morte e paesaggi fanno intuire il commosso ricordo della Scuola Romana; affreschi e mosaici, a completamento delle sue numerose sistemazioni architettonico – decorative nel cimitero di Rieti, insieme a molteplici esperienze di carattere astratto e a qualche saggio di modellazione, tra cui le formelle per i Santuari francescani e il ritratto di Maria, lo impegnarono per alcuni anni. Con queste esperienze la sua arte si arricchì di ricerca e meditazione che segnarono il passaggio ad una espressione nuova. Nello stesso periodo elaborò il monumento marmoreo , dall’impianto novecentista, dedicato ai martiri della guerra a Leonessa, ed una stele ai caduti, dall’impianto novecentista, al Terminillo (Rieti).
Nella seconda metà degli anni ’40 alcuni nuovi incarichi gli dettero la possibilità di confrontarsi in modo più interiore con le composizioni di grande respiro in cui credeva da sempre per i problemi che propongono, per la maestria della tradizione, per la genuinità dei mezzi espressivi:
nel 1946 elaborò il bozzetto per la decorazione dell’Arco Trionfale della ricostruendo Cattedrale di Benevento, a corredo del progetto dell’arch. Paolo Rossi;
nel 1947 decorò con elementi naturalistici la villa Palazzetti sull’Appia Nuova a Roma; nel 1948 compose il bozzetto e realizzò a pastello il cartone per una vetrata nella quadrifora della chiesa di S. Francesco in Rieti, ispirata alla tragedia della guerra e ai valori cristiani. Il significato ed il risultato pittorico-compositivo dell’opera avrebbe dovuto spingere alla realizzazione, ma non fu così e l’incuria degli uomini distrusse il pregevole cartone;
nel 1948 partecipò al concorso per il mosaico grande della stazione di Roma: in una successione di scene il bozzetto sintetizza in modo astratto le immagini ed i simboli che caratterizzano i miti, la storia, l’architettura e l’arte di Roma, inserendoli ed isolandoli in inquadrature che si snodano con vivezza timbrica e varietà cromatica, segno di una più moderna sensibilità pittorica e compositiva, confermata nella contemporanea numerosa produzione astratta sui temi di Archimede e Leonardo. In questo stesso periodo e con quei caratteri realizza il mosaico La Ricostruzione, nell’atrio del Palazzo del Genio Civile a Rieti: composizione astratta e architettonica, che interpreta il nuovo con la compostezza propria dell’artista. La tecnica divisionista del mosaico contribuisce alla scomposizione e articolazione del colore nella varietà delle zone, che si sovrappongono come in trasparenza.
L’astrazione rarefatta di questo periodo pittorico si riafferma nell’arredo e decorazione di interni di locali pubblici, realizzazioni di cui ammodernamenti successivi hanno purtroppo cancellato ogni traccia .
Con l’intensificarsi dell’attività edilizia nella ricostruzione postbellica, si ripresentano le occasioni di incarichi prestigiosi: negli anni 1955/56 elabora le figurazioni pittoriche in due pareti della Sala delle Riunioni del Palazzo delle Foreste (Ministero delle politiche agricole)- Roma (mq. 100); il significato dell’ambiente che doveva accogliere il lavoro lo guidò nella scelta dei temi, invitandolo a raffigurare, come in un succedersi di riti, la serenità della vita agreste che gli si mostrava sempre più preziosa e mitica. Ricordi lontani e l’ambiente natale lo ispirarono per una rappresentazione filtrata da un sentimento di consenso e nostalgia. Una calda e poetica atmosfera autunnale avvolge la figurazione, in cui i più lievi passaggi tonali sono scanditi da un più nutrito linguaggio pittorico. La scioltezza compositiva, l’espressione di una spontaneità di vita, la morbidezza dei tratti e la grazia dei gesti aprono un nuovo momento nell’attività dell’artista, lontano ormai dal plasticismo rigoroso e volumetrico del periodo novecentista. L’opera fu definita espressione di religiosità.
Gli anni 1957/58 furono impegnati nelle figurazioni pittoriche nel salone della villa “Cecilia Pia†sull’Appia Antica (mq.70), luogo che per la sua fisionomia storica e classica suggerì i temi da svolgere. Nella volta il mito della nascita di Venere tendeva ad esaltare gli alti valori che informano la storia di Roma; sulle pareti, nei pilastri, si svolge in una sintesi simbolica monocromatica la storia di Roma nel tempo, dai primordi al Sei-Settecento, attraverso l’epoca cristiana e giustinianea e l’umanesimo. La raffinata colorazione tonale del Tondo, nel soffitto, potenzia la scioltezza dei movimenti e delle forme che si inseriscono nella composizione armonicamente , arricchendola di valori e significati colti, tanto che lo stesso autore ne riconosce il sapore aulico.
Nel decennio dal 1965 al ’75, a Rieti, curò la sistemazione architettonica e l’arredo del presbiterio della chiesa di S. Agostino e dell’interno della chiesa “Regina Pacis†, confermando le sue qualità di creatività e gusto estetico, stilizzazione e rigore architettonico. L’esecuzione pittorica del Crocifisso, del Trittico, del cartone per mosaico Il Buon Pastore e del bozzetto per il mosaico, realizzato successivamente nel presbiterio della chiesa Regina Pacis, rivela lo stesso interesse rivolto, nella produzione di quegli anni, in special modo agli accostamenti di colore, alla robustezza dei toni caldi e decisi, alla stesura della materia , serica nelle opere citate, densa e spatolata nei contemporanei dipinti su tavola che raggiungono il culmine nei ritratti.
Dal 1966 al 1972, in concomitanza con la direzione per due anni della istituita Scuola d’Arte e con incarichi di sistemazione di interni, tra cui la pavimentazione e l’ arredo delle sale di rappresentanza del Palazzo della Cassa di Risparmio di Rieti, realizza le figurazioni pittoriche nella Sala Consiliare di questo Istituto (mq.65). I quattro riquadri della volta, sintetizzando le attività umane, esaltate in un canto dedicato al focolare, vertice dell’arte e dello spirito, riflettono l’intenso livello cromatico raggiunto in quegli anni. Nell’unità della composizione si inseriscono la disposizione ritmica delle masse e la varietà delle zone cromatiche che si articolano espressivamente, creando spazi ricchi di significati e riferimenti culturali. Quest’opera è l’approdo più maturo e riassume tutto il percorso artistico del pittore.
Frammentarie elaborazioni ricercate in una smaterializzazione delle immagini e del colore lo hanno accompagnato in alcune opere dell’ultimo decennio: una Deposizione, una Pietà e uno studio sulla vicenda umana, a cominciare dal gesto di Caino. In questo periodo numerosi quadri ad olio dalle immagini sospese e mosaici per alcune cappelle del cimitero e per i monumenti ai caduti a Cittaducale (RI) e nel Palazzo della Provincia di Rieti, negli anni ’73 e ’74, affermano con l’effetto di stesure cromatiche apparentemente pure, una ancor più presente e viva giovinezza dell’anima e l’ottimismo di chi crede nella positività dell’operare umano.
Da questo excursus non si può disgiungere una riflessione sull’inclinazione naturale dell’artista per lo studio architettonico che tanta parte ha avuto anche nelle composizioni parietali determinandole; quella preparazione lo guidò, quale consulente artistico in collaborazione con altri professionisti, in una varia ed importante produzione che lo impegnò parallelamente all’ attività pittorica. Insieme alla progettazione di edifici civili, ricordiamo soprattutto, tra quelli di interesse pubblico, la severa elaborazione del Palazzo di Giustizia negli anni ‘50, quella monumentale della chiesa di S. Michele Arcangelo e la sobria e serena del Sacro Cuore in Rieti, negli anni ’50 e ’60, e la sistemazione architettonica ed arredo della Sala del Consiglio Provinciale in Rieti nel 1968.
La sua attività artistica si conclude con la morte il 23 ottobre 1981.

Di carattere schivo, credendo nell’assoluto dell’Arte, ha rifiutato di commercializzare le sue opere e di mostrarle per conseguire notorietà, partecipando non frequentemente con ritratti, nature morte, paesaggi e studi compositivi a Mostre sindacali e nazionali, tra cui da ricordare la Quadriennale nel 1947.

In vita, nel 1965, organizzò una sola grande mostra antologica, nella sua città, esponendo, accanto a ritratti e composizioni, i monumentali cartoni a chiaroscuro delle figurazioni parietali, riscuotendo grandi consensi.

Il Ministero dei Beni ed Attività Culturali ha dichiarato la sua produzione ed il suo archivio di elevato valore storico-culturale. La sua documentazione si trova presso l’Archivio di Stato di Rieti. E’ possibile ammirare il bozzetto “La Roma dei Papi elaborato nel 1940 per l’E42, presso il museo d’arte contemporanea M.A.G.I. ’900 di Pieve di Cento, Ferrara. Le opere ad olio “natura morta con barattolo e garofano” e “composizione con organetto e flauto” sono state acquisite nel 2012 dalla Galleria Nazionale d’Arte Moderna di Roma. Il bozzetto del “Premio Bergamo” è stato acquisito dal Museo del Novecento presso il Palazzo dell’Arengario di Milano.

Rielaborazione di “Cammino” (in catalogo monografico “Arduino Angelucci”, 1979) corredata di dati tratti dal curriculum dell’artista